5 o 9; chi è lo sciamano?
Qualche giorno fa, un mio amico studioso del Tarot – un ragazzo dotato di grande curiosità, preziosissima qualità – ha domandato nella chat del nostro gruppo di studio: “Quale arcano rappresenta lo sciamano?”.
Al che una nostra amica – appartenente a quel genere di persone di cui vi consiglio di circondarvi, ossia quelle con cui è sempre arricchente avere uno scambio – ha risposto a bruciapelo: “L’eremita!”.
Ora, a me che ho avuto la ventura di avere a che fare con sciamani autentici – e non con quei personaggi che si autodefiniscono “sciamani” ma che in realtà mettono in pratica, in maniera farlocca, delle conoscenze di seconda o terza mano – questa risposta mi ha striduto fin dentro al midollo (eh?… ah, sì: per quanto cacofonico e non molto usato, il participio passato di “stridere” è proprio “striduto”).
Dunque ho chiesto all’amica di argomentare, e lei ha motivato la sua risposta dicendo che l’eremita è il saggio e il medico.
Verissimo: l’eremita è colui che ha accumulato tanta conoscenza e che l’ha incarnata in saggezza; è inoltre simbolo della medicina (e se non sai come mai quest’icona veicoli i concetti di conoscenza, saggezza e medicina, sappi che ne parlo in un video che trovi nell’apposita sezione del mio sito).
Ma è sufficiente essere un saggio e un guaritore per essere uno sciamano?
Vediamolo.
Andiamo in Amazzonia a incontrare gli sciamani.
Ovviamente prima di tradurre una parola dall’italiano al tarocchese bisogna conoscerne a fondo il significato; dunque metto mano alla tastiera, e una rapida ricerca preliminare mi conferma l’esattezza dell’idea di sciamano che mi ero fatto durante i miei viaggi in Acre.
L’Acre è un po’ il Molise del Brasile: tutti i brasiliani ci scherzano su dicendo che non esiste.
E in effetti è uno stato così minuscolo, così sperduto, così verde di foreste e quasi incontaminato da asfalto e cemento, che potrebbe avere un senso domandarsi se esista davvero!
È stato nei territori più remoti dell’Acre che ho avuto il privilegio di visitare alcune tribù di nativi e conoscere i loro pajé – gli “uomini di medicina”.
Essi non sono dei meri guaritori, dei semplici conoscitori di animali e piante di potere; i pajé sono sopratutto un tramite. Si muovono tra il nostro mondo e una dimensione altra – che loro chiamano “la forza” – alla quale si accede tramite l’utilizzo di medicine naturali.
Entrare nella forza consente loro di ricevere, dallo spirito della medicina, conoscenza e messaggi per il resto del villaggio.
Sono altresì in grado di accompagnare nella “forza” coloro che necessitano di essere curati direttamente dallo spirito della medicina.
Ecco che all’ipotesi dell’eremita si accosterebbero altre due possibilità: quella del matto, nella sua qualità di accompagnatore, e quella del papa, in qualità di tramite, di ponte.
Immediatamente protendo verso il papa che, iconograficamente, trasmette il messaggio ricevuto da altrove a più persone che si trovano ai suoi piedi – laddove il matto cammina invece in solitudine (sebbene accompagnato da un animale, che potrebbe essere un attributo dello sciamano).
Eremita, papa o matto?
Fin qui i riferimenti sono deboli: ognuna delle tre icone in esame potrebbe essere associata alla figura dello sciamano, ma per nessuna delle tre vi sono evidenze forti che rendano solida l’associazione.
Andiamo dunque ad approfondire un po’ e riscontriamo che, oltre a concordare sul concetto di intermediario, di collegamento col mondo degli spiriti, tutte le fonti consultate attribuiscono allo sciamano una caratteristica: quella di andare in estasi.
Dunque intanto abbiamo appurato che i pajé sono assimilabili a sciamani: come gli sciamani, essi fungono da ponte tra gli uomini e gli spiriti; e quella condizione di evasione totale dalla realtà, quella potente esperienza mistica che noi definiamo “estasi”, gli índios dell’Amazzonia brasiliana la chiamano “entrare nella forza”.
Ma torniamo al concetto più generico di sciamano; se trovassimo nel papa – o in qualche icona adiacente – un richiamo alla nozione di estasi, avremmo un elemento oggettivo che convaliderebbe la teoria che lo sciamano è simboleggiato dall’arcano V.
Cos’è dunque l’estasi, e dove si trova nei tarocchi?
L’estasi dello sciamano.
Vi avrò già detto altrove che sono perdutamente innamorato del Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana di Ottorino Pianigiani.
Ecco un estratto della definizione di “estasi” ivi riportata: “Esaltazione dello spirito, che si affissa in un oggetto fuori di sè, con inazione de’ sensi e cessazione de’ movimenti”.
Anche volendo appoggiarci soltanto a Jodorowsky che, col suo approccio un po’ naïf, riconduce la figura dell’appeso a uno stato contemplativo o introspettivo, avremmo nell’arcano XII il miglior candidato per il concetto di estasi.
Il Pianigiani, menzionando la cessazione de’ movimenti (perfettamente raffigurata da quest’icona) e l’inazione de’ sensi (che, invero, non sono inattivi ma sono comunque ribaltati: rivolti verso l’interno o agenti da un’angolazione inusuale), ci conferma inconfutabilmente che lo stato di estasi è rappresentato dall’appeso.
Il papa e l’appeso sono collegati?
Certamente!
Chi conosce la struttura del Tarot, e in particolare quella del triplo settenario, avrà immediatamente individuato il collegamento.
Per chi invece fosse a digiuno: le icone disposte nella stessa colonna del diagramma 3×7 sono fortemente interconnesse; ancor di più quelle che, all’interno della struttura, si trovano adiacenti una all’altra.
Guarda caso, l’appeso non soltanto è adiacente al papa, ma si trova anche nella stessa ordinata.
Giace proprio sulla testa del papa; e il suo capo penzola sul pastorale, che somiglia stranamente a una sorta di antenna – e di essa simboleggia infatti le funzioni: ricevere e trasmettere.
Direi che abbiamo elementi a sufficienza per affermare che lo sciamano è rappresentato dall’arcano V, il papa.
Non era lo sciamano, era l’oculista!
Al mio ragionamento la mia interlocutrice ribatte: “Io però ti posso dire che in ogni lettura fatta realmente avevo richiami a quel tipo di tradizione, sciamanica, con l’eremita, non col Papa.”
Salvo poi soggiungere che l’identificazione tra eremita e sciamano l’aveva stabilita lei, arbitrariamente, seguendo unicamente il proprio sentire.
Vale la pena fermarsi a fare una riflessione importante.
Il Tarot parla a tutti, anche a chi non ne conosce i codici nascosti.
E il sentire è fondamentale in ogni occasione, inclusa la lettura dei tarocchi.
Ma leggere i tarocchi “a sentimento” significa correre il rischio di prendere lucciole per lanterne; e non è un lusso che ci possiamo permettere, quando in ballo c’è la felicità di chi si sta rivolgendo a noi – o meglio, di chi si sta rivolgendo al Tarot per nostro tramite.
Per fare un esempio estremo ma di immediata comprensione: rischiamo di suggerire al nostro consultante di rivolgersi a uno sciamano, mentre il Tarot stava indicando invece di cercare un buon oculista!